Al cuor non si comanda, ma del resto neanche al bagnino quando assegna gli ombrelloni. E stai pur certo, caro amico, che il karma dell'anno, ancor prima dell'aldilà, ti si riverserà addosso nell'aldiqua proprio durante le ferie. Così le nostre spiagge diventano un girone infernale, con i suoi demoni scelti in base all'intramontabile legge del taglione. Eccone alcuni, accuratamente selezionati dalle schiere demoniache:
1. La lucertola di mare
Dato che odia l'ombra, non sarà mai sotto l'ombrellone: questa figura ammorba solitamente i vicini di lettino e i frequentatori del bagnasciuga, che oltre alle borse firmate e taroccate dei vucumprà devono schivare anche lei. Trattasi di un essere generalmente femminile (ma da alcuni anni si stanno moltiplicando anche i maschi di questa specie) che passa le sue giornate distesa sul lettino a bordo mare (perché "i raggi solari rimbalzano meglio sull'acqua"), a volte direttamente a mollo o sul pattino del bagnino, completamente immobile come una lucertola al sole. Per vederla in movimento bisogna arrivare in spiaggia piuttosto presto, la mattina: la si troverà intenta a spalmarsi una miscela tossica e fatta in casa di olio solare, burro cacao, catrame, autoabbronzante e altre sostanze segrete che la ricetta della coca-cola a confronto è una bazzecola.
sabato 26 luglio 2014
lunedì 14 luglio 2014
Cinque poesie e una canzone per la Liguria
Come spesso accade a noi italiani alla scoperta del nostro paese, quando la Liguria mi si è distesa davanti in tutto il suo splendore il mio cuore si è sbriciolato spargendosi nel vento del golfo. Non c'è da meravigliarsi se i colori e le vedute suggestive di questo angolo di Liguria hanno ispirato poesie, versi e canzoni. Alcuni di questi esprimono al meglio l'atmosfera profumata e pungente come basilico che impregna l'aria, l'odore del mare onnipresente e la bellezza ruvida dei piccoli paesini, aggrappati alla montagna a dispetto della fisica. La città di La Spezia ti risveglia dalla dimensione poetica della costa e ti riporta alla realtà metropolitana, ma basta salire le scalinate che si diramano dal viale principale (o prendere il comodissimo ascensore) per godersela dall'alto e capire ancora una volta che il nome Golfo dei Poeti è il più azzeccato in assoluto. A prescindere che Byron vi sia davvero stato o meno.
1. Portovenere, Eugenio Montale
Là fuoresce il tritone
dai flutti che lambiscono
le soglie d’un cristiano
tempio, ed ogni ora prossima
è antica. Ogni dubbiezza
si conduce per mano
come una fanciulletta amica.
Là non è chi si guardi
o stia di sé in ascolto.
dai flutti che lambiscono
le soglie d’un cristiano
tempio, ed ogni ora prossima
è antica. Ogni dubbiezza
si conduce per mano
come una fanciulletta amica.
Là non è chi si guardi
o stia di sé in ascolto.
Quivi sei alle origini
e decidere è stolto:
ripartirai più tardi
per assumere un volto.
e decidere è stolto:
ripartirai più tardi
per assumere un volto.
Portovenere è un gioiello incastonato nella scogliera, con la piccola chiesa di san Pietro che sembra sempre sul punto di tuffarsi in mare; l'isola Palmaria, selvaggia e verde, fa da specchio alle casette colorate che si arrampicano con fatica sui fianchi della montagna. La chiesa di San Pietro non si vede subito, arrivando per la strada che congiunge La Spezia al famoso comune. In pietra e inerpicata sulla scogliera, si confonde con la lingua di terra e roccia che sembra voler raggiungere la Palmaria, congiungendo la terra e il mare in un abbraccio.
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mercoledì 2 luglio 2014
Il Giappone in 8 parole intraducibili e un piatto 'equivoco'
Per noi italiani il Giappone è all'altra estremità del mondo e non solo geograficamente. La sua cultura, così distante dalla nostra, non può essere spiegata se non con l'opposizione. Così come la vita e la realtà nipponiche sono per noi incomprensibili e intraducibili (Lost in translation insegna), l'unico modo per raccontare questo pianeta sconosciuto è usando la sua lingua e le sue parole.
1. Koi no Yokan 恋いの予感
Letteralmente significa presagio di un amore. Che non è un colpo di fulmine, ma la sensazione che succederà qualcosa, che la passione ci travolgerà, magari non ora, ma tra poco. E' l'anticipazione che sale mentre guardo scorrere dal finestrino del treno (che mi porterà dall'aeroporto al centro di Tokyo), i sobborghi della prima periferia, le casette basse, le stradine tutte uguali, i grovigli di cavi elettrici così simili alle immagini dei manga che leggevo da piccola, ma più belli, più strani, più reali.
Ma è anche il senso di smarrimento che mi assale mentre pregusto la conquista di un sogno: davanti alla stazionei di Shinjuku, il posto più caotico e labirintico di Tokyo, giravo su me stessa a 360 gradi per meglio assorbire l'inizio di un'avventura che ho aspettato a lungo e che pensavo sarebbe rimasta nell'iperuranio dei desideri. Spiando i nativi correre da una parte all'altra, mi sembrava di essere in un acquario: a volte ero la spettatrice, a volte il pesce strano (o straniero) osservato con cortese curiosità da migliaia di occhi a mandorla.
2. Yoko meshi 横飯
Ovvero un pasto consumato in orizzontale. Che starebbe, a sua volta per "il disagio dell'esprimersi in una lingua straniera". Cosa per me quintuplicata, dal momento che del giapponese non so altro che 5 parole (salve, grazie, dove..?, dritto, destra e sinistra, più o meno). E che i giapponesi non parlano quasi una parola di inglese (e quando lo fanno, sono incomprensibili). Nonostante tutto la comunicazione è stata incredibilmente buona, frutto della improbabile ed esplosiva combinazione del talento tutto italiano del 'farsi capire ovunque' con l'estrema cortesia nipponica. Perché è vero che gli abitanti del Sol Levate diffidano degli stranieri e li tengono a distanza, ma sempre e comunque con squisita gentilezza.
1. Koi no Yokan 恋いの予感
Letteralmente significa presagio di un amore. Che non è un colpo di fulmine, ma la sensazione che succederà qualcosa, che la passione ci travolgerà, magari non ora, ma tra poco. E' l'anticipazione che sale mentre guardo scorrere dal finestrino del treno (che mi porterà dall'aeroporto al centro di Tokyo), i sobborghi della prima periferia, le casette basse, le stradine tutte uguali, i grovigli di cavi elettrici così simili alle immagini dei manga che leggevo da piccola, ma più belli, più strani, più reali.
Ma è anche il senso di smarrimento che mi assale mentre pregusto la conquista di un sogno: davanti alla stazionei di Shinjuku, il posto più caotico e labirintico di Tokyo, giravo su me stessa a 360 gradi per meglio assorbire l'inizio di un'avventura che ho aspettato a lungo e che pensavo sarebbe rimasta nell'iperuranio dei desideri. Spiando i nativi correre da una parte all'altra, mi sembrava di essere in un acquario: a volte ero la spettatrice, a volte il pesce strano (o straniero) osservato con cortese curiosità da migliaia di occhi a mandorla.
2. Yoko meshi 横飯
Ovvero un pasto consumato in orizzontale. Che starebbe, a sua volta per "il disagio dell'esprimersi in una lingua straniera". Cosa per me quintuplicata, dal momento che del giapponese non so altro che 5 parole (salve, grazie, dove..?, dritto, destra e sinistra, più o meno). E che i giapponesi non parlano quasi una parola di inglese (e quando lo fanno, sono incomprensibili). Nonostante tutto la comunicazione è stata incredibilmente buona, frutto della improbabile ed esplosiva combinazione del talento tutto italiano del 'farsi capire ovunque' con l'estrema cortesia nipponica. Perché è vero che gli abitanti del Sol Levate diffidano degli stranieri e li tengono a distanza, ma sempre e comunque con squisita gentilezza.
I 5 motivi per andare da sola dall'altra parte del mondo
Ci sono quei giorni in cui ti svegli e il bisogno di partire è più forte di quello di respirare. Ci sono giorni in cui vorresti fare un colpo di testa, ma l'ultima volta che sei stata da parrucchiere l'esito è stato così traumatico, che piuttosto faresti bunjee jumping dalla Torre Asinelli. Ma visto che non hai voglia di perdere qualche anno di vita per il terrore, tra le alternative resta solo comprare un biglietto aereo per il posto più lontano che conosci. Ad esempio il Giappone.
1. La mamma sarà comunque in ansia: diamole un valido motivo
2. Per chi, come me, ha le ferie quando il resto del mondo lavora e viceversa, viaggiare in solitaria è prima di tutto una scelta obbligata. Foreveralone ma con stile
3. Dall'altra parte del mondo (nello specifico in Giappone) i cellulari occidentali non prendono. Per la gioia della mamma
4. Viaggiare da sola = profonda stima e ammirazione. Non importa se la destinazione è tra i Paesi più socialmente, economicamente e tecnologicamente avanzati del mondo e i rischi sono nulli. Sei andata in dall'altra parte del mondo. Da sola. Tappeto rosso e standing ovation possono dare dipendenza
5. L'orgoglio di rispondere: "Lascia fare a me. Sono arrivata fino in Giappone da sola, sono più che capace di .... (attività a scelta, anche se non centra nulla)"
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